di Alfredo Luzi, Acme – Annali della Facoltà di Studi Umanistici dell’Università degli Studi di Milano, v. 70, n. 1 (2017), pp. 181-183
John Picchione, docente di Letteratura italiana all’università di York (Toronto) e noto studioso dell’avanguardia letteraria italiana e della cultura contemporanea, ha raccolto in questo volume le sue riflessioni sul rapporto della letteratura con le nuove tecnologie comunicazionali in una società di massa fortemente digitalizzata.
In una prospettiva interdisciplinare in cui s’intersecano letteratura, sociologia, biologia, neurolinguistica, didattica, egli affronta la questione fondamentale, ai nostri giorni, dei mutamenti apportati dai nuovi media nel sistema ricettivo del cervello umano, e, di conseguenza, sulla dinamica culturale, sulle modalità di apprendimento, sulle identità valoriali e, infine, sul ruolo della letteratura.
Come ha dimostrato McLuhan, i media hanno intaccato le strutture della civiltà della scrittura che resta comunque, secondo Ong, l’evento di maggiore importanza nella storia delle invenzioni tecnologiche, e il fondamento secolare su cui si sono sedimentate le culture dei paesi più civilizzati.
Oggi, invece, siamo in presenza di una globalizzazione della cultura dello spettacolo, favorita dal dominio dell’esperienza visiva che produce i suoi deleteri effetti sulla percezione del sé e sulle modalità gnoseologiche.
La tv, gli iPad, internet, la connessione telematica vasta e continua, hanno modificato le categorie spazio temporali trasformando il soggetto in homo videns, la cui comunicazione è immersa nell’istantaneità e nella ubiquità.
Ma accelerazione e dilatazione dei processi cognitivi che, sul piano culturale, si configurano come una omogeneizzazione equivalente alla globalizzazione economico-finanziaria, determinano una riduzione delle capacità ermeneutiche del messaggio scritto e nel contempo un abbandono della lettura e della letteratura.
L’uomo contemporaneo, sottoposto ad uno stress visivo e ad una “coventrizzazione” informativa, caratterizzata dalla frammentazione e dall’occasionalità, non riconosce più l’importanza della lentezza e della complessità che sono alla base dei processi cognitivi, avviandosi inesorabilmente verso una condizione di “illetteratismo”.
Questo cumulo indistinto di stimoli incide sulla plasticità del nostro cervello che subisce continue modifiche neuronali, con conseguenti disturbi dell’attenzione e dell’apprendimento. La frammentazione informativa del sistema mass-mediatico si riflette così sui processi cognitivi del soggetto.
A conferma di ciò Picchione adduce la testimonianza di illustri scienziati come il neuroplastico Norman Doidge («Molti dei danni provocati dalla televisione e altri media elettronici, come i video musicali e giochi al computer, derivano dai loro effetti sulle capacità di attenzione», p. 29) e lo studioso behaviorista Gary Small che mette in guardia sul fatto che le attività sviluppate tramite la Rete incidono negativamente sui processi riflessivi della nostra mente, sulle capacità mnemoniche, sulle abilità creative, perché costringono il cervello in uno stato di continua allerta.
Nel capitolo Era digitale, informazione, e democrazia, l’autore amplia la sua analisi spostandosi dal piano neurobiologico a quello sociologico e didattico, partendo dalla considerazione che la tecnologia digitale è strettamente connessa con l’economia politica. I grandi imperi digitali non fanno altro che gestire le leggi del mercato e della ricchezza, offrendo invece agli utenti l’illusione di un mondo altro, libero dalla necessità esistenziale, dominato dalla categoria del possibile e della second life. In effetti si è in presenza di una nuova forma di capitalismo globalizzato dell’informazione e della comunicazione che sta avendo gravi conseguenze sul piano commerciale con la crisi dei giornali cartacei, dell’editoria in genere, della vendita di libri, ma anche sul piano didattico con la tendenza all’uso di un linguaggio paratattico e di una informazione che non si traduce mai in formazione. Giustamente Picchione denuncia il rischio che l’uomo contemporaneo corre, rinunciando al suo diritto-dovere d’interpretare il mondo in cui vive e di relazionarsi con l’altro: («Si è sempre meno cittadini e sempre più consumatori», p. 40).
In questo contesto l’esperienza della scrittura e della lettura, in particolare in ambito letterario, si presenta come contrastiva rispetto alla rapidità della comunicazione elettronica. Sia nella fase della produzione sia in quella della fruizione, la letteratura si presenta come un vero e proprio elogio della lentezza, che è poi il titolo di un volume edito nel 2014 dal neuroscienziato Lamberto Maffei che, contro la bulimia tecnologica, difende la profondità della meditazione e le ragioni del pensiero a cui non è necessaria la velocità. Il nostro cervello produce dei neuroni ritardanti che sono le guide dei processi culturali, basati sull’approfondimento, sull’interiorità, sulla concentrazione. Se si rinuncia a questa attitudine si rischia quella che Halliday chiama “deprivazione verbale” che a sua volta implica un impoverimento degli strumenti ermeneutici del soggetto pensante.
Facendo riferimento alla sua esperienza di docente, Picchione sottopone a critica il sistema universitario canadese, e in genere nord-americano, che si è adeguato al modello aziendale e ha favorito lo sviluppo settoriale delle materie scientifico-tecnologiche, a scapito dell’insegnamento della letteratura che è invece il luogo dell’utopia e dell’auto-riconoscimento, della conoscenza di sé e degli altri, non necessaria mente legata ad una funzione economica o commerciale. Egli riflette sul fatto che la cultura del consumismo ha ormai invaso i campus universitari del Nord America, frequentati da studenti privi di cognizioni linguistiche e letterarie fondamentali per studi basati sulla scrittura.
Se spostiamo lo sguardo sull’Italia, bisogna ammettere tuttavia che anche la recente politica scolastica e universitaria ha subito il fascino delle sirene della globalizzazione e del mito produttivo. Il progetto renziano della “buona (?) scuola” sotto la formula “alternanza tra scuola e lavoro” nasconde una prospettiva miope, aziendalistica ed economicistica della formazione giovanile, senza comprendere che, in una nazione così ricca di beni culturali, il vero sviluppo – anche economico – si può avere con un forte investimento in cultura, soprattutto in quella umanistica. E invece nelle scuole secondarie si riducono le ore dedicate alla storia dell’arte, alla geografia, alla storia, alla musica, con le conseguenze di un’ignoranza di massa, testimoniata da quel che ascoltiamo in tv o da quel che leggiamo sui giornali o dalle dichiarazioni dei politici.
L’indebolimento del ruolo sociale della letteratura è stato favorito anche dalla decontestualizzazione apportata da metodologie critiche e pedagogiche come il post-strutturalismo, il decostruzionismo, le teorie del reader-response, predominanti nelle università americane. Queste discipline, insieme alla rimozione dei classici nel curriculum formativo degli studenti, hanno contribuito a isolare il testo nella sua autonomia, annullando la complessità del rapporto tra letteratura e realtà storico-politica ed appiattendo la funzione comunicazionale della scrittura e della lingua.
Lo studioso difende invece, sulla base dell’insegnamento di Adorno e dei filosofi della Scuola di Francoforte, la funzione della letteratura come locus resistentiae, spazio critico che si oppone alla doxa unidimensionale del mondo e mira ad attivare un processo riflessivo e di autoriconoscimento.
Nell’ultimo capitolo, Evoluzioni bio-antropologiche e trasformazioni identitarie, Picchione affronta sul piano bioetico e filosofico la questione degli effetti dei media sul cervello e sui mutamenti delle nostre identità percettive in una società che ha subìto una svolta epocale nella definizione del soggetto-uomo.
Egli ricorre al concetto di Gestell, elaborato da Heidegger, che in italiano potrebbe tradursi impianto di richiesta, e agli studi di Giacomo Rizzolatti sui neuroni-specchio, per affermare che le nuove tecnologie modificano i neuroni e quindi il nostro sistema di conoscenza. Il cervello, sottoposto a questi mutamenti, è come anestetizzato, ed è incapace di recepire sistemi di pensiero complessi, attitudini alla creatività, linguaggi densi e plurivoci. La letteratura che è riflessione, ambiguità, sofferenza e terapia, non può trovare una sua funzione sociale in un mondo in cui «il dominio del modello tecnico-scientifico trasforma la concezione e l’uso della lingua stessa e la tecnologizzazione del sistema scolastico riduce la percezione dello studio a raccolta di informazioni facilmente accessibili», p. 73.
È dunque ormai inutile, sul piano sociale e culturale, il modello di umanesimo finora incardinato sull’insegnamento della letteratura, della scrittura e della lettura? No di certo, anche se si è modificato il suo ruolo nella semiosfera comunicazionale.
Proprio perché siamo sottoposti al martellamento di messaggi multipli, frammentari, che determinano un sistema cognitivo autoreferenziale, dobbiamo difendere, anche nella società di massa, la presenza della parola letteraria, della sua espressione e della sua ricezione.
Con il suo volumetto, scritto in uno stile molto scorrevole e dotato di un’ampia bibliografia, Picchione ha di fatto anticipato una serie di riflessioni sull’importanza della cultura umanistica che stanno proponendo anche intellettuali italiani.
Se da una parte l’illustre latinista Ivano Dionigi difende il ruolo formativo dei classici, uno storico dell’arte come Tomaso Montanari denuncia la crisi di una «società in cui non si riesca nemmeno più a distinguere la conoscenza critica dall’intrattenimento, l’essere cittadino dall’essere cliente, il valore delle persone e dei principi dal valore delle “eccellenze” commerciali» ed afferma che «le qualità della ricerca: precisione, desiderio di conoscere e diffondere la verità, onestà intellettuale, apertura mentale […] oggi sono il presupposto necessario perché le democrazie abbiano un futuro» («La Repubblica», 23 gennaio 2017).
http://riviste.unimi.it/index.php/ACME/article/view/8832/8412