di Alberto Lupano, anno LXXXV, vol. LXXXV, Rivista di storia del diritto italiano Fondazione Sergio Mochi Onory per la storia del diritto italiano, Roma, 2012, Bollettino bibliografico, pp. 499-501
Il rinvenimento dell’archivio di Angelo Majorana insieme a una cospicua parte dell’epistolario, contenente tra l’altro un prezioso carteggio di Vittorio Emanuele Orlando, ha consentito di nuovo agli studiosi di ripercorrere e analizzare l’itinerario fugace ma fertilissimo del poliedrico intellettuale siciliano. Dapprima in un convegno svoltosi a Ragusa nel 2010, intitolato Angelo Majorana. Giurista, statista, politico nel centenario della scomparsa; poi nel volume miscellaneo – curato brillantemente da Giacomo Pace Gravina – di cui ora trattiamo, volume che non vuole essere una biografia particolareggiata bensì piuttosto un’indagine e una riflessione di alto valore scientifico sui numerosi interessanti aspetti della vita e delle opere del personaggio.
Esempio eccellente di giurista e di uomo politico, Angelo Majorana tra il 1865 e il 1910 è protagonista di una carriera, o meglio sarebbe scrivere, di carriere straordinarie e precoci: laureato a Roma in giurisprudenza a sedici anni (alla stessa età di Giovanni Giolitti) sale a diciotto alla cattedra di diritto costituzionale dell’Università di Catania, dove sarà preside e rettore; esercita l’avvocatura; viene eletto deputato al Parlamento e approda al governo da sottosegretario alle finanze, poi è nominato ministro delle finanze, attivissimo nella municipalizzazione dei servizi pubblici; finalmente diviene ministro del tesoro e in tale funzione realizza nel 1906 la famosa conversione della rendita preconizzata da Luigi Luzzatti; è autore scientifico brillante e originale, sensibile alle molteplici istanze della società contemporanea. Muore prematuramente a quarantaquattro anni.
Non meno eccezionale di Angelo Majorana risulta la sua famiglia d’origine, una dinastia di intellettuali di levatura internazionale sbocciata soprattutto nella Sicilia post risorgimentale come se, grazie al concorso di numerose circostanze straordinarie, fosse stata chiamata a realizzare grandi cose da una singolare vocazione alle scienze. In essa si distinguono il padre di Angelo, Salvatore Majorana Calatabiano, che nella seconda metà del XIX secolo è professore di economia a Catania, deputato e senatore, tra i realizzatori del codice di commercio del 1882; i fratelli di Angelo non sono da meno: Giuseppe, Dante, Quirino, sono docenti universitari di fama nelle loro discipline, e Fabio è padre di Ettore Majorana, il fisico inquieto e geniale scomparso misteriosamente nel 1938.
Luigi Lacché (Lo Stato giuridico e la costituzione sociale. Angelo Majorana e la giuspubblicistica di fine secolo) inaugura i nuovi saggi dedicati all’indagine sul giurista Majorana, inquadrando con molta dottrina e finezza il pensiero del grande siciliano nelle istanze scientifiche del contesto europeo, e sottolinea le modalità attraverso le quali Majorana, basandosi sia della scienza giuridica germanica sia del positivismo sia della nascente sociologia, giunge a elaborare un pensiero giuspubblicistico che supera certi schemi convenzionali per sfociare nell’indirizzo sociologico del diritto pubblico. Giuseppe Barone (Tra scienza e politica: Majorana ministro), si occupa attentamente dei riflessi intellettuali – sia delle teorie progressiste sia delle scienze sociali di Majorana – sulla sua opera di ministro; Francesco Migliorino (Ragione, probità, benevolenza. I miti borghesi di Angelo Majorana) focalizza adeguatamente l’impegno prestigioso di Majorana nella ricerca scientifica di stampo positivistico, così da riconoscerlo come uno dei più autorevoli maestri all’interno della scuola sociologica del diritto. Giacomo Pace Gravina (Angelo Majorana: per una fisiologia del Diritto pubblico) evidenzia con cura dotta e affettuosa, in un approccio anche comparativo, il contributo di Majorana e degli altri costituzionalisti siciliani alla scienza pubblicistica italiana, ricordando Orlando, Mosca Arcoleo, Arangio Ruiz. Rivaluta l’importanza di Majorana sia per la sociologia giuridica sia per la realtà politica italiana e siciliana dell’epoca di cui Majorana rappresentò la «promessa mancata» a causa della scomparsa immatura, e si sofferma sulla profonda amicizia con Orlando, sulle parallele carriere accademiche e parlamentari. Ad altri aspetti connessi alle esperienze accademiche e pubbliche di Majorana sono dedicate le belle pagine evocative di Antonio Cappuccio (Dalle università del sapere all’università della scienza: la formazione del giurista siciliano nel secolo XIX), Giorgio Veninata (Angelo Majorana deputato di Ragusa), e di Giorgio Chessari (Società ed economia a Ragusa al tempo di Angelo Majorana).
Chiudono degnamente il volume, in Appendice, due ulteriori testimonianze: le trascrizioni delle Lettere di Vittorio Emanuele Orlando ad Angelo Majorana, che offrono al lettore un carteggio impegnativo, collegato talvolta a temi, accademici e politici, di cospicuo rilievo, ma che diventa altresì specchio della dimensione privata del personaggio e ne restituisce l’immagine concreta e profondamente umana di amante della vita, affezionato alla moglie e ai figli; infine, la bibliografia delle opere di Angelo Majorana, dove risulta commovente l’ultimo scritto, L’arte di parlare in pubblico, manuale del perfetto oratore che Majorana, già infermo, compose in famiglia e dedicò ai suoi cari quale estremo lascito di amore e di sapienza insieme.