Il romanzo medievale è un testo scritto e originariamente pubblicato dal comparatista ucraino Eleazar Moiseevič Meletinskij nel 1983 con il titolo di Srednevekovyj roman. Proischoždenie i klassičeskie formy; l’edizione italiana, che ha per curatore Massimo Bonafin, già docente dell’Università di Macerata e ora professore ordinario di Filologia romanza all’Università di Genova e per traduttrice la dottoressa Laura Sestri, è stata pubblicata per i tipi di eum con il sostegno del programma TRANSCRIPT, della Fondazione Mikhail Prokhorov, trentacinque anni dopo.
La monografia si struttura in dieci distinte sezioni dalla lunghezza molto variabile, a partire dalla nota introduttiva del curatore che sintetizza i proficui risultati di questo volume.
A seguire, nella prefazione dell’autore, si incontra la particolare serie di caratteristiche che rende l’oggetto di questa monografia, il romanzo medievale, una pietra angolare di più ambiti disciplinari. Ricordando solo due dei motivi elencati da Meletinskij, per il primo, di ordine più generale, si ha che “nella forma del romanzo, la letteratura narrativa appare per la prima volta come creazione puramente artistica e come frutto dell’invenzione” e per il secondo, di ordine più particolare, che “il romanzo medievale rappresenta l’elemento più importante dell’arte narrativa dei popoli del mondo”.
Nell’introduzione dedicata al romanzo greco-bizantino, letto come eredità antica nel romanzo medievale, l’autore tratta appunto le prime manifestazioni in senso storico di questo genere, che vengono rintracciate nell’epoca ellenistica per poi raggiungere il massimo sviluppo intorno al II secolo d.C. Vengono qui indicate le teorie riguardanti la genesi del romanzo greco, posto poi in relazione a quello medievale per determinare il ruolo svolto dal primo nella formazione di quest’ultimo. Le distinzioni fra questi, infine, si rilevano nel tentativo di sintesi tra i principi romanzesco ed epico che caratterizzano il romanzo medievale, e quindi la direzione che questo prende verso un certo “psicologismo”.
Proseguendo, i capitoli si estendono e si articolano maggiormente, come nel caso del capitolo dedicato al romanzo cortese bretone del XII secolo nell’Europa occidentale, suddiviso in sei sottocapitoli che iniziano con un dettagliato stato dell’arte al momento della scrittura, cui seguono le teorie dell’origine, prestando particolare attenzione alle ipotesi di fonti e di temi di radice celtica, come nei casi delle letterature irlandese, scozzese e gallese. Una volta analizzate le possibili origini del romanzo in esame, l’autore si sofferma sulle varie modalità di riuso del materiale a disposizione della formazione del genere, avvalendosi anche del confronto con i lavori di altri studiosi, come accade nell’analisi della ferita alla gamba, legata all’impotenza sessuale e quindi alla sostituzione del re anziano, oppure ancora con il re “pescatore”, casi nei quali Meletinskij confronta i dati di natura etnografica esposti da James Frazer ricordando come la rappresentazione del pesce si manifesta tanto nelle radici cristiane e celtiche, ma anche buddiste e giudaiche. Si prosegue dopo con l’analisi particolare dei romanzi su Tristano e Isotta di Béroul e di Thomas d’Angleterre e la loro critica nell’opera di Chrétien de Troyes, facendo perno sulle caratteristiche filologiche e letterarie che le possono avvicinare o contrapporre. La penultima parte del capitolo si focalizza sui romanzi “bretoni” di Chrétien de Troyes e sulla loro struttura, anche mediante la tabulazione degli intrecci dei quattro romanzi arturiani di Chrétien. Le somiglianze strutturali fra questi, secondo l’autore, sono dimostrazione del fatto che, “dietro la sintagmatica dei romanzi si cela una paradigmatica” connessa alla specificità del genere. Il sesto ed ultimo sottocapitolo si concentra, invece, sulle versioni tedesche dei romanzi “bretoni”, ricordando come questi, molto lontani dall’essere semplici epigoni, si distinsero spesso per il carattere originale dello stile e per l’elaborazione delle problematiche religiosa e morale.
Il capitolo successivo, significativamente più breve, si occupa invece dell’epos romanzesco del Vicino Oriente e della Transcaucasia. Anch’esso, come il precedente, è suddiviso in più sottocapitoli, questa volta le premesse indicano il poema come corrispettivo del romanzo cavalleresco in versi, ponendo inoltre l’accento su determinate somiglianze tra esempi delle letterature europea e mediorientale, come sono le similitudini riscontrate fra Tristano e Isotta e Vis e Rāmin, successivamente ordinate in una pratica tabella. Proseguendo nella suddivisione in sottocapitoli, seguendo un criterio soprattutto geografico e cronologico, le pagine successive si articolano appunto sui temi dell’epos romanzesco di lingua persiana nell’Iran dell’XI secolo, in lingua persiana dell’Azerbaigian del XII secolo e quello georgiano del XII secolo.
La terza ed ultima parte del blocco testuale centrale è dedicata al romanzo medievale in Estremo Oriente, particolarmente al romanzo cortese giapponese dell’XI secolo. Questa parte, la più breve delle tre, non è suddivisa in parti minori e, più sinteticamente, ripercorre tappe non dissimili dalle precedenti, a partire dalle origini, che si collocano in epoca Heian, nei secoli IX-XI, attraversando peculiari affinità, come l’influsso del buddhismo sull’ambiente letterario aristocratico giapponese posto in relazione all’influsso del neoplatonismo cristiano sulla letteratura occidentale, per concludere citando alcuni celebri confronti tra il romanzo medievale giapponese con Proust e altri scrittori del Novecento. Seguono poi pochi accenni all’evoluzione del romanzo in Cina, quasi esclusa dalla trattazione, poiché non era stata creata una forma classica del romanzo medievale, che raggiungerà una canonizzazione solo nel XVIII secolo.
Uno dei meriti di questo volume è che, come giustamente afferma il curatore di questo libro, “con la traduzione di questa monografia sul romanzo medievale, il lettore italiano (e occidentale) abbia a disposizione ormai quasi l’opera omnia del grande comparatista Eleazar M. Meletinskij”, fornendo così un più ampio quadro delle ricerche dalle molte sfaccettature, che toccano estremi spaziali e metodologici anche molto distanti fra loro. La presente monografia si configura conseguentemente come una pregevole addizione al corpus dell’autore senza oscurare i meriti della proposta editoriale, sottolineata invece dalla scorrevole traduzione, congiunta all’utile bibliografia arricchita dagli aggiornamenti più recenti. Allo stesso modo, nell’edizione viene presentata una valida postfazione, il cui autore, Alvaro Barbieri, ricordando l’importanza della filologia romanza nella riscoperta di questo autore, che afferma essere dovuta al comune interesse per gli approcci culturologici e per la teoria della letteratura, definisce questo volume un “nuovo e cruciale capitolo della bibliografia italiana di Eleazar M. Meletinskij”.
Salvador Spadaro