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Dalla notitia librorum degli inventari agli esemplari

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  • Autore Borraccini Rosa Marisa (a cura di)
  • Codice ISBN (print) 978-88-6056-238-8
  • DOI 10.48219/RMB_60562388
  • Numero pagine 542
  • Formato 14x21
  • Anno 2009
  • Editore © 2009 eum edizioni università di Macerata
The Library
Eum Redazione

a cura di Neil Harris, 13 (2012), n. 4, p. 489

At the end of the sixteenth century, some fifty years after its foundation in 1542, the Congregazione della Sacra Romana e Universale Inquisizione, more simply known as the Inquisition, ordered a full-scale bibliographical inventory of the holdings of monastic libraries in Italy. Long, handwritten lists arrived, were filed and duly forgotten about, until quite recently when they were rediscovered as some sixty large bound volumes in the Vatican Library. Though errors and inaccuracies abound, these inventories tell us a great deal about the make-up and organization of religious libraries at a very precise moment in time and so they have become the object of a large-scale project aimed at transcribing and editing them. The papers published here, mostly dealing with test cases, were presented at a seminar in Rome in May 2009, and are signed by Monica Bocchetta, Rosa Maria Borraccini, Margherita Breccia Fratadocchi, Flavia Bruni, Luca Ceriotti, Domenico Ciccarello, Carmela Compare, Sara Cosi, Federica Dallasta, Anna Delle Foglie, Giovanna Granata, Giovanni Grosso, Valentina Lozza, Roberto Rusconi, Romilda Saggini, Elena Scrima, Rosaria Maria Servello, and Paola Zito. The quality and the extent of the indexes also deserve praise.

 
Bollettino AIB
Eum Redazione

di Marcella Peruzzi, Università di Urbino "Carlo Bo", Associazione italiana biblioteche. Bollettino AIB 2011 n. 3, pp. 266-270

I codici Vaticani latini 11266-11326 riportano le liste dei titoli dei libri conservati presso conventi e monasteri italiani, redatte su richiesta della S. Congregazione dell'Indice dei libri proibiti, successivamente alla pubblicazione dell'Index librorum prohibitorum da parte di papa Clemente VIII nel 1596. All'inchiesta della Congregazione dell'Indice risposero una trentina di Ordini religiosi, nella quasi totalità maschili, raccogliendo notizie riguardanti quasi 10.000 raccolte librarie di monasteri e conventi e di nuclei personali di frati e monaci, negli anni che vanno dal 1598 al 1603, per un totale approssimativo di un milione di titoli, prevalentemente a stampa.
Questi inventari sono stati trascritti nella banca dati RICI. Le biblioteche degli Ordini regolari in Italia alla fine del secolo XVI (consultabile on line: http://ebusiness.taiprora.it/bib/index.asp ), una banca dati ricca ed accurata, dotata di una duttile maschera di ricerca. Ciò ha consentito di recuperare e di rendere accessibile una documentazione di rilevante interesse per delineare la fisionomia individuale e complessiva delle librerie claustrali di fine Cinquecento. Ne deriva, come sottolinea la Curatrice di questo volume, un'immagine parziale e statica, in quanto colta al momento della rilevazione dei dati, che tuttavia costituisce una ricca fotografia dalla quale è possibile prendere le mosse per delineare in prospettiva diacronica il tracciato storico o la cronaca di una singola realtà bibliotecaria. Questa modalità di indagine viene, in effetti, proposta a più riprese nei saggi raccolti nel volume, che propongono un confronto tra i dati offerti dagli inventari vaticani e le altre fonti disponibili riguardanti le raccolte esaminate. Muovendo, dunque, da una testimonianza puntuale nel tempo, come quella offerta dagli inventari Vaticani, gli Autori ricostruiscono dinamicamente numerose realtà librarie, composte non soltanto di documenti, ma anche di personaggi e di luoghi, come i conventi esaminati, che nell'arco di quattro secoli affrontano creazioni, soppressioni, momenti di fioritura e di desolazione. Di tali collezioni è a tutt'oggi percettibile l'eredità se si considerano i patrimoni di una parte rilevante delle biblioteche pubbliche italiane, composti, per le sezioni antiche, da quanto accolto in seguito alla devoluzione dei conventi soppressi.

L'obiettivo delle ricerche presentate nel volume consiste nella ricostruzione delle collezioni, e viene perseguito mediante il metodo deduttivo e sistematico, a partire dall'inventario presente nei codici Vaticani. In particolare, le ricerche sono indirizzate a individuare i collegamenti che intercorrono tra le notitiae librorum degli inventari vaticani e gli esemplari reali in essi registrati, ponendo al centro della ricerca le fasi successive della formazione e dell'incremento delle raccolte, fino alla loro dispersione nel tempo, e alla individualizzazione e localizzazione dei libri pervenuti sino a noi. Si tratta di un filone di ricerca che scaturisce dall'impegnativo lavoro della trascrizione degli inventari, cogliendo di tale lavoro una prospettiva contemplata fin dall'inizio, dal momento che la banca dati RICI ha previsto lo specifico campo "copia" della maschera del titolo, nel quale annotare l'attuale collocazione dell'esemplare censito. Come sottolinea nel suo interessante contributo Rosaria Maria Servello, proseguendo in quest'ottica diviene auspicabile realizzare, mediante la rete, un collegamento tra i titoli contenuti negli inventari Vaticani e gli esemplari sopravvissuti nelle istituzioni preposte alla conservazione. Infatti, in un patrimonio immenso di manoscritti, incunaboli e volumi a stampa quale è quello italiano, la rilevazione dei fondi librari presente nelle biblioteche è oltremodo complessa, ma essenziale per approfondire le conoscenze sull'origine e la formazione dei nuclei librari storici e per permettere una coerente politica di conservazione, valorizzazione e tutela. Per concorrere a documentare il movimento dei nuclei librari, localizzando gli esemplari superstiti, le singole biblioteche devono essere in grado di individuare, riconoscere e schedare i segni presenti sugli esemplari - note di possesso e provenienza, segnature di collocazioni antiche, ex libris, timbri, ma anche legature -, indizi che contribuiscono a ricostruire la genesi dei patrimoni librari e a mostrarne la ricchezza sia in termini quantitativi sia in termini qualitativi.

Eventi quali le vicende di dispersione libraria durante la vita delle biblioteche claustrali (vendite, fusioni, furti, deterioramento, dispersione dopo il loro trasferimento nelle istituzioni bibliotecarie di proprietà pubblica, di cui tratta Domenico Ciccarello nel suo contributo) hanno comportato incuria nella custodia, scarto per deperimento fisico dei materiali, scambio o vendita delle copie multiple. La conseguenza è una sorta di caratteristica comune delle raccolte conventuali, che può essere indicata come "perdita d'identità”, in seguito al loro smembramento fisico e alla risistemazione in nuove sedi, con differenti sistemi di collocazione dei materiali. La pratica di confronto tra le descrizioni e gli esemplari recanti tracce fisiche della loro storia pregressa (timbri di provenienza, note di possesso, marginalia, legature e segnature antiche) conferma la sua importanza al fine di ricostruire dei passaggi storici delle raccolte, gettando luce su singoli episodi evolutivi.
Tra le suggestioni e gli spunti che emergono dal volume, affascina la ricostruzione, in molti casi originale, di biblioteche la cui memoria era fino ad ora affidata a tracce assai labili: le collezioni, in quadri caratterizzati più da ombre che da luci, prendono vita e ci restituiscono realtà lontane, ma connesse al presente.
Attraverso il contributo di Carmela Compare, ad esempio, riemerge la vitalità dell'ambiente culturale del convento di S. Antonio del Monte di Rieti, i cui libri si spostavano da una comunità all'altra di frati Francescani Riformati, secondo i diversi bisogni formativi e in relazione a determinate vicende storiche.
Il codice Vat. lat. 11275 rappresenta l'unica fonte documentaria di una realtà particolare come l'Accademia di Somasca, esaminata da Valentina Lozza.
Una rappresentazione originale e dinamica scaturisce dalle ricerche di Paola Zito sulle biblioteche di S. Maria Maggiore di Napoli e di S. Agnese a Piazza Navona di Roma, nonostante la scarsità degli esemplari che si sono potuti rintracciare.

Per quel che riguarda i libri dei frati Eremiti del beato Pietro da Pisa, studiati da Monica Bocchetta, attraverso l'inventario della Congregazione dell'Indice dei libri proibiti si ha la testimonianza di 29 raccolte comuni e 193 collezioni individuali. I libri delle raccolte comuni, che variano di consistenza a seconda del monastero, sono spesso costituiti da pochi titoli e da opere di consultazione (testi giuridici e biblici); ben più ampia risulta invece la diffusione delle raccolte individuali, che riflettono le funzioni e le attività svolte dai frati che ne fruivano ad usum, non avendone né la proprietà né il possesso, dato il voto di povertà proprio della regola agostiniana e non soltanto.
Il volume, inoltre, invita il lettore ad alcune riflessioni dalla valenza metodologica generale. In primo luogo la potenziale e fuorviante parzialità di un inventario. Infatti, anche in alcuni dei casi di ricostruzione, per i quali le informazioni dell'inventario della Congregazione dell'Indice sono integrate da altre fonti, e le collezioni nel corso dei secoli hanno subito danneggiamenti e sottrazioni minimi, il confronto con le altre fonti documentarie mostra quanto parziale possa essere la riproduzione di un inventario della realtà bibliografica che rappresenta. L'immagine riportata dall'inventario risulta non soltanto statica, ma anche non pienamente rispondente alla realtà.

Secondo quanto emerge dalle esperienze ricostruttive esaminate, ritengo si possano indicare tre fattori principalmente responsabili di questa mancata corrispondenza: (a.) lo scopo per cui l'inventario viene redatto, (b.) il momento della sua stesura rispetto all'evoluzione della collezione e (c.) la capacità catalografica dell'estensore.
Nel caso degli inventari redatti su richiesta della Congregazione dell'Indice, lo scopo della stesura (a.) consisteva nell'individuare all'interno delle biblioteche claustrali la presenza di libri proibiti o sospetti. Pertanto gli estensori delle liste possono essere stati portati a escludere una parte del posseduto, sia perché non ritenuto pertinente alle richieste dell'Indice (i testi di studia humanitatis, ad esempio, come forse è avvenuto per il monastero di S. Giacomo di Savona), sia per altre ragioni interne al convento (come il timore di incorrere in censure). In questi casi la fotografia riportata da questi inventari è alquanto discordante da quella prodotta da altre fonti documentarie. A volte è di per sé poco plausibile, come nel caso della biblioteca del convento agostiniano di S. Lucia di Cingoli, analizzata da Rosa Marisa Borraccini. La collezione di tale convento, fondato nella seconda metà del XII secolo, consta soltanto di 51 libri nell'elenco redatto per la Congregazione dell'Indice (Vat. lat. 11310), un numero scarso per un convento tanto antico e che genera perplessità sulla completezza della rassegna inventariale, anche perché risulta peculiare la tipologia letteraria rappresentata - assenti manoscritti e incunaboli, e riportate soltanto edizioni della seconda metà del Cinquecento -. Similmente, Luca Ceriotti ha individuato 70 esemplari cinquecenteschi come sicuramente appartenuti al convento di S. Sisto a Piacenza; tuttavia, appena 30 item coincidono con quelli descritti nell'inventario redatto per la Congregazione dell'Indice; da ciò l'Autore ipotizza una scarsa aderenza della lista presentata rispetto alla realtà bibliotecaria.

Il secondo fattore capace di influenzare in maniera considerevole l'immagine riportata dagli inventari è il momento storico in cui essi vengono redatti (b.); si sono dimostrate importanti le differenze che derivano da una stesura realizzata a ridosso della fondazione, oppure in un periodo di particolare espansione ovvero in seguito alle perdite causate da trasferimenti o soppressioni.
Nel caso degli incunaboli della Biblioteca Fardelliana di Trapani, esaminati da Domenico Ciccarello, confrontare gli indici dei codici Vaticani con gli inventari dei fondi librari monastici alienati, prima in epoca napoleonica poi in epoca post-unitaria, e i cataloghi attuali delle raccolte antiche delle biblioteche pubbliche destinatarie del patrimonio bibliografico dei conventi soppressi, ha consentito di rilevare una forte dispersione. Tale fenomeno si riscontra di frequente nelle biblioteche italiane riguardo ai volumi di pertinenza delle raccolte storiche provenienti dagli Ordini religiosi, vuoi per perdite storicamente attribuibili alle stesse comunità monastiche, vuoi per un generalizzato disordine nella gestione dei fondi da parte degli enti pubblici a seguito della soppressione. A ulteriore conferma, si richiama la situazione della biblioteca dello Studium generale Carmelitarum di S. Maria in Traspontina in Roma, studiata da Giovanni Grosso; nell'inventario per la Congregazione dell'Indice i titoli assommavano a circa 800, e conobbero una forte espansione nei secoli successivi, ma quando, dopo il 1870, vennero trasferiti presso la Biblioteca nazionale centrale di Roma, soltanto 3.000 dei 10.000 volumi che facevano parte della biblioteca dello Studium vi confluirono effettivamente.

Rilevante, come si diceva, per l'attendibilità dell'inventario, risulta la capacità dell'estensore (c.), il quale può non individuare correttamente l'autore e il titolo dell'opera da censire e/o non rispettare le norme catalografiche richieste. I libri di S. Giovanni a Carbonara, esaminati da Anna Delle Foglie, risultano utili ad illustrare quanto affermato. Infatti, a differenza dei manoscritti descritti dettagliatamente, la sezione degli stampati inseriti negli indici Vaticani, presenta indicazioni ellittiche e trasandate, probabilmente tratte dai dorsi delle legature, che non consentono l'identificazione di nessun esemplare. La pratica di ricavare le indicazioni bibliografiche dai dorsi dei volumi si riscontra frequentemente per i libri manoscritti, come espone nel suo contributo Roberto Rusconi, per i quali a volte era difficile stabilire l'autore o il titolo, specie se vergati molti decenni prima dell'estensione dell'inventario; le difficoltà, come intuibile, si presentavano ancora maggiori nella descrizione dei contenuti miscellanei. Nelle vicende che hanno causato la dispersione del patrimonio claustrale, i manoscritti, a meno che non siano stati di particolare pregio, non hanno ricevuto particolare attenzione e assai spesso non sono di agevole identificazione rispetto alle indicazioni negli inventari.
Il caso di S. Pier Piccolo di Arezzo, esaminato da Flavia Bruni, costituisce un fortunato esempio in grado di dimostrare come l'approccio combinato tra inventari ed esemplari, qualora esso sia possibile, schiuda alla ricerca nuove prospettive: il ritrovamento dell'esemplare consente non soltanto la verifica dell'edizione, ma anche alcune considerazioni aggiuntive, quale il riconoscimento dei cosiddetti fantasmi bibliografici, cioè volumi legati insieme e indicizzati soltanto con il titolo del primo volume. In relazione al discorso più generale che si viene svolgendo, anche questo studio contribuisce a dimostrare che è opportuno considerare ipotetica la testimonianza costituita da un inventario, a meno che non sia possibile trovare riscontri altrove.
Tra le evidenze che maggiormente possono suscitare l'interesse del lettore, va annoverata l'esiguità di corrispondenze rilevabili tra gli item segnalati negli inventari Vaticani e gli esemplari attualmente conservati. Ciò è dovuto nella maggior parte dei casi alla dispersione di libri che, caratterizzati di frequente da un valore economico relativo, a volte anche determinato da una considerevole usura dovuta ad intenso utilizzo, sono stati sostituiti o ceduti senza remore nel corso degli anni di vita del convento e, soprattutto, sono stati scartati, dispersi o danneggiati durante i traumatici eventi delle soppressioni napoleoniche e postunitarie. Si pensi alla Libreria di S. Francesco a Ripa. Nel periodo antecedente al trasferimento presso il Collegio Romano scelto come sede della costituenda Biblioteca Nazionale, tale collezione contava all'incirca 10.000 volumi ed era dotata di catalogo, mentre già nel 1873 i volumi risultano meno di un terzo (appena 3.000) ed il catalogo scomparso.

I libri sono «cose mobili», per riprendere una definizione che ritorna più volte nel volume, e, pur a fronte di una dispersione lineare, cioè dello «smembramento per insiemi» delle raccolte, le lacune documentarie e la perdita degli esemplari verificatesi nel tempo per ragioni interne, quali usura, incuria, doni, scambi, vendite programmate, sottrazioni indebite o calamità, rendono difficile, se non impossibile, ricostruirne la configurazione bibliografica complessiva.
La mancata corrispondenza tra la descrizione catalografica testimoniata dalle liste Vaticane e quanto effettivamente oggi si rinviene di tale raccolta, si evidenzia considerando l'indagine svolta da Romilda Saggini sui libri del convento di S. Giacomo di Savona, per il quale erano stati annotati 156 volumi. Nei fondi attuali della biblioteca del Seminario vescovile di Savona, l'autrice è riuscita a individuare una cinquantina di libri provenienti da S. Giacomo, datati tra Cinquecento e Settecento, recanti un "segno" specifico, in quanto tutti rilegati uniformemente in pergamena e sul dorso la dicitura «Sancti Jacobi Savone»; tuttavia nessuno corrisponde ai titoli segnalati nella lista Vaticana. Dei 63 libri descritti per il monastero di S. Maria di Finalpia, la stessa Saggini non ha potuto rintracciare nessun esemplare.
Nel caso della Libraria di S. Francesco a Ripa, esaminata da Rosaria Maria Servello, dei titoli segnalati nell'inventario per la Congregazione dell'Indice (che registra 873 titoli) il 68% è stato identificato con un'edizione contenuta nella banca dati RICI; indicare nella banca dati la fonte dell'individuazione (Edit16, SBN) ha permesso di accertare le localizzazioni delle edizioni e di esaminare i singoli esemplari. Il raffronto sistematico dei dati ha portato all'individuazione di alcuni esemplari presso la Biblioteca Nazionale Centrale di Roma, 8 dei quali recanti un'indicazione di appartenenza nel frontespizio, insieme ad un altro di essi, conservato presso la Biblioteca Angelica.
Il patrimonio bibliografico dell'Abbazia di Montevergine, analizzato da Sara Cosi, pur tra le inevitabili e gravi perdite, ha mantenuto una propria coesione grazie alla stabile collocazione, evitando quindi quella "dispersione stellare" che nel corso del XIX sec. ha determinato lo smembramento della maggior parte delle biblioteche monastiche e conventuali. Attualmente vi si conservano 29 incunaboli e 1325 cinquecentine. Operando il confronto tra la lista redatta per la Congregazione dell'Indice e i cataloghi odierni, tuttavia, si ravvisano soltanto un incunabolo e quasi 30 cinquecentine in comune, a fronte di 316 item descritti; inoltre risultano pochissimi quelli che recano note di possesso che possano confermane la provenienza, e, di fatto, soltanto 5 esemplari trovano sicura corrispondenza con l'elenco Vaticano. Anche nel caso di Montevergine, quindi, per quanto ci si trovi di fronte a una "dispersione lineare”, essa è stata comunque notevole.
Altri esempi significativi vengono offerti dalla biblioteca dei Cappuccini di Parma di S. Maria Maddalena, studiata da Federica Dallasta, che quando è stata catalogata per la Congregazione dell'Indice, con criteri analitici dettagliati, riportava 745 item; essi oggi sono agevolmente identificabili come opere ed edizioni, ma solo in due casi come esemplari.

E, ancora, solo il 4% dei 696 titoli elencati nel Vat. lat. 11275 si può ricollegare ipoteticamente al rispettivo esemplare fisico presente tuttora presso la biblioteca di Somasca.

La scarsità di riscontri tra i titoli segnalati negli inventari di fine Cinquecento e gli esemplari attuali è dovuta principalmente alle numerose cause di dispersione di cui si è detto; in alcuni casi, tuttavia, è certamente imputabile anche alla carenza o all'inadeguatezza degli strumenti di ricerca bibliografica. Svariati contributi sottolineano quanto alcuni cataloghi, per altri versi pregevoli, non siano risultati di supporto alle identificazioni, in quanto difficilmente recuperabili da essi i dati di copia degli esemplari (note di possesso, ex libris, annotazioni ecc.); in altri casi si è lamentata l'assenza di strumenti bibliografici di sussidio per la ricerca.
La ricerca degli esemplari della biblioteca di S. Pier Piccolo ad Arezzo, attuata da Flavia Bruni, ad esempio, è stata condotta direttamente nei magazzini della Biblioteca Città d'Arezzo, dal momento che la biblioteca non è dotata di un OPAC, ha aderito a Edit 16, ma non ha inserito tutte le edizioni possedute (e comunque le informazioni qui contenute sono insufficienti, perché esso non riporta dati di esemplare se non occasionalmente); è disponibile un catalogo elettronico, incompleto per il fondo antico, consultabile solo in situ: non vi compaiono molti esemplari citati dagli inventari e tuttora presenti in biblioteca, e le stesse lacune sono presenti nel censimento dei libri antichi in Toscana LAIT. L'Autrice sottolinea l'assoluta necessità di una catalogazione dei fondi bibliotecari che sia approfondita, attendibile e accessibile, per consentire il reperimento di esemplari rari o, in alcuni casi, addirittura ignoti, come per l'edizione De deis gentium varia et multiplex historia di Liliio Gregorio Giraldi stampata a Basilea da Kündig e Oporinus nel 1560, di cui in SBN non risulta attestato nessun esemplare in Italia, mentre una copia è conservata ad Arezzo.

D'altro canto, come sottolinea Rosaria Maria Servello, l'adozione di criteri di descrizione che tengano conto di particolarità d'esemplare è ormai una pratica consolidata; negli ultimi anni è prerogativa irrinunciabile compilare indici appositi nei cataloghi, dal momento che si è affermata la tendenza a riportare notazioni manoscritte, la trascrizione delle segnature di collocazione o dei numeri d'inventario con apparati di indici per possessori e provenienze, ex libris, timbri, legature ecc. Peculiarità che, con l'uso dei cataloghi elettronici, hanno acquisito pari dignità di altri elementi descrittivi, ed hanno finito con assumere nel tempo connotazioni più specifiche, da semplice nota di copia a elemento di accesso.
Il supporto di cataloghi compilati con questi criteri si è rivelato fondamentale, ad esempio, per la ricerca di Monica Bocchetta, che attraverso l'Archivio possessori e provenienze del Polo BVE è riuscita ad individuare 289 notizie bibliografiche di edizioni dei sec. XVI e XVII provenienti da S. Onofrio: in questo modo è stato possibile ricomporre le vicende relative alle raccolte dei padri Ludovico Guiducci da Serrungarina e Cesare Venerucci di Isola del Piano, di cui ha rintracciato 8 volumi su 70 titoli segnalati nell'inventario Vaticano. L'archivio dei possessori e strumenti assimilabili, offrono un contributo determinante in tali ricerche, in quanto mediatori con i patrimoni librari degli attuali istituti collettori, agevolando il dialogo tra risultanze documentarie ed esemplari, contribuendo a ricomporre la dimensione bibliografica originaria dei nuclei librari individuati. Parimenti il confronto con il Censimento regionale delle edizioni del XVI secolo dell'Emilia Romagna on line ha agevolato notevolmente la ricerca di Luca Ceriotti, dei libri in S. Sisto a Piacenza. Tale Censimento regionale presenta, rispetto a Edit 16, il vantaggio di tener conto non soltanto delle edizioni allestite in Italia o in italiano, bensì di tutte quelle realizzate nel Cinquecento, e, inoltre, è impostato sulla descrizione non solo delle edizioni, ma anche degli esemplari, con notizie della provenienza.

Riprendendo un'osservazione di Rosaria Maria Servello, si può concludere che, più che l'aspetto catalografico, il trattamento di possessori e provenienza pone l'esigenza dell'accesso e della fruibilità nonché dell'adozione di una metodologia d'indicizzazione. Attualmente solo alcuni OPAC consentono l'interrogazione da un campo apposito di questi dati, ma, sebbene la ricerca per possessori/provenienza sia ritenuta di interesse marginale e riservata a pochi addetti ai lavori, in realtà i contributi di questo volume dimostrano che il suo potenziale informativo è di sicuro rilievo. Infatti, essa ha consentito di ricostruire idealmente numerosi nuclei originari di raccolte oggi disperse in vari fondi di una stessa biblioteca, quando non in biblioteche diverse. L'interesse per possessori e provenienze rappresenta una componente importante per indagini di carattere storico, sociale e culturale. Spostando l'attenzione dalla notitia librorum alla localizzazione degli esemplari sopravvissuti si è delineata una prospettiva d'indagine, che ha consentito di restituire la propria fisionomia originaria ad alcune biblioteche claustrali di fine Cinquecento.

I contributi di questo volume, come afferma Rosa Marisa Borraccini, evidenziano il valore documentario delle liste Vaticane; esso è particolarmente rilevante nei casi in cui esse rappresentano la prima, se non l'unica, testimonianza delle biblioteche claustrali. Inoltre, seguire l'evoluzione delle singole raccolte attraverso altri strumenti descrittivi intermedi, quale quello redatto al momento della devoluzione, fino ai cataloghi attuali, da un lato consente di ricostruire l'entità di organismi librari ormai dispersi, dall'altro permette all'organismo bibliotecario, che oggi ne conserva alcuni esemplari, di distinguere le sue collezioni storiche, di riconoscere la propria natura profonda e stratificata e di perseguire le debite azioni di tutela e di valorizzazione.

http://www.aib.it/aib/boll/2011/1103266.htm

 
L'Almanacco Bibliografico
Eum Redazione

di Giancarlo Petrella, L'Almanacco Bibliografico, n. 17 marzo 2011

Il vol. curato da Rosa Marisa Borraccini, già co-curatrice, assieme a Roberto Rusconi, degli atti del convegno internazionale Libri, biblioteche e cultura degli Ordini regolari nell'Italia moderna attraverso la documentazione della Congregazione dell'Indice (Città del Vaticano, Biblioteca Apostolica Vaticana, 2006, «AB» 003-A), si impone non solo per la mole (oltre 500 pagine), ma soprattutto per la ricchezza e densità dei saggi raccolti, che contribuiscono a farne uno dei contributi più ragguardevoli editi negli ultimi anni in Italia sulla storia delle biblioteche. Da quel convegno occorre in effetti ripartire, come confessa la stessa curatrice nell'introduzione (p. XV). In conclusione del convegno del 2006 che aveva fatto il punto sui risultati del Progetto di Ricerca sull'Inchiesta della Congregazione dell'Indice dei libri proibiti (RICI) promosso e coordinato da Roberto Rusconi, si poneva con altrettanta forza una domanda: «dove sono finiti quei libri recensiti nelle librariae comuni o nei presìdi in uso dei singoli religiosi di conventi e monasteri sul declinare del secolo XVI e agli inizi del XVII?». Il volume si pone perciò come risposta, per quanto parziale e destinata a nuovi approfondimenti in molteplici direzioni, a quella domanda. A partire dunque dalla trascrizione degli inventari tràditi dai codici Vaticani latini 11266-11326, che trasmettono la fisionomia di moltissime biblioteche religiose a cavallo dei secoli XVI e XVII, si è proceduto oltre, superando l'immagine statica delle biblioteche così come fornita dai risultati dell'inchiesta per spostare l'attenzione sui secoli successivi, seguendone lo sviluppo fino alla dispersione in epoca moderna. L'interesse del gruppo di lavoro RICI si è perciò spostato dalla storia delle biblioteche in un determinato momento a quella degli esemplari e del loro destino, o, per usare le parole di Luigi Balsamo, al ciclo d'uso del libro. Dal punto di vista metodologico, come lucidamente espresso da Rosa Marisa Borraccini (p. XVI), «si è inteso applicare la metodologia delle provenienze, precorsa in Italia da Marielisa Rossi, operando però un rovesciamento della prospettiva d'indagine, procedendo cioè non a ritroso dagli esemplari alla/e raccolta/e da cui provengono ma, viceversa, dalle notitiae librorum degli inventari vaticani agli esemplari reali in essi registrati». Il tema è dunque quello dei postillati e delle provenienze, una delle più innovative frontiere della storia del libro, che negli ultimi decenni si è imposto all'attenzione non solo degli studiosi, ma anche del settore della catalogazione con l'elaborazione di apposite procedure di rilevamento e registrazione (si veda il recente K. CESTELLI – A. GONZO, Provenienze. Metodologia di rilevamento, descrizione e indicizzazione per il materiale bibliografico. Documentazione elaborata dal Gruppo di lavoro sulle provenienze coordinato dalla Regione Toscana e dalla Provincia auto-noma di Trento, Trento, Provincia autonoma – Soprintendenza per i beni librari e archivistici – Firenze, Regione Toscana, 2009, «AB» 012-190) e la riflessione sulla gestione dei dati così raccolti in sede di banche dati informatiche (l'argomento è affrontato con ampia e aggiornata casistica nel contributo di Rosaria Maria Servello, «Habent sua fata libelli». Testimonianze di provenienza e pos-sessori nei fondi librari, pp. 61-122). L'interesse per la singola copia era d'altronde già insito nel progetto RICI, la cui banca dati prevedeva fin dall'inizio uno specifico campo nel quale segnalare la collocazione attuale dell'esemplare registrato nella fonte documentaria. Le liste trasmesse dai codici vaticani costituiscono la documentazione di partenza per indagini nei fondi antichi delle biblioteche moderne, al fine di individuare quegli esemplari che note di possesso, ex libris, note di provenienza e altri segni apposti nelle «periferie del libro» in quanto oggetto materiale, possano essere ricondotti con sicurezza all‟originaria biblioteca. L'obiettivo dei 18 contributi riuniti nel volume è duplice: da un lato seguire l'evoluzione di alcune biblioteche fino alla loro dispersione napoleonica e post-unitaria, dall'altro ricomporne per certi versi i disiecta membra, rintracciandone le tessere disperse nei fondi antichi delle bibliote-che moderne attraverso l'uso combinato di due approcci metodologici nient'affatto alternativi (quello documentario-inventariale e quello basato sui marks in books). Solo così il fondo antico di una biblioteca cessa di essere una raccolta confusa e indefinita, per recuperare invece una propria dimensione stratificata nella quale devono essere individuate e riconosciute tessere di organismi bibliotecari preesistenti. I contributi offrono un ampio e articolato ventaglio di casi concreti, sia dal punto di vista delle famiglie religiose affrontate (Minori Osservanti, Osservanti Riformati, Cappuccini, Terziari, Caracciolini, Carmelitani, Agostiniani, Serviti, Eremiti del beato Pietro, Chierici Regolari di Somasca, Benedettini Cassinesi, Verginiani, Olivetani) sia dal punto di vista della co-pertura geografica. Geograficamente infatti il volume (e questo è certamente un altro punto di forza dell'ndagine condotta) si muove dai libri dei Minori Osservanti di S. Giacomo di Savona e degli Olivetani di Santa Maria di Pia a Finalpia nel Savonese oggetto del saggio di Romilda Saggini (pp. 435-445) ad alcune istituzioni bibliotecarie siciliane, con i contributi di Domenico Ciccarello ed Elena Scrima. Il primo è un affondo fra gli scaffali della Fardelliana di Trapani, di cui si delineano alcune provenienze anche extrasiciliane (ad esempio dal convento di S. Barnaba di Brescia, su cui si veda L'amore dello studio e il desiderio di Dio. Libri di lettura dai monasteri bresciani, a cura di ENNIO FERRAGLIO – LUIGI RADASSAO, Roccafranca (Brescia), Compagnia della Stampa – Massetti Rodella, 2010, «AB» 015-014). Il secondo saggio delinea invece la parabola di accrescimento e devoluzione della libraria dei Cappuccini di Mistretta nel Messinese, ben documentata da due inventari distanziati di circa tre secoli: quello stilato a fine Cinquecento su richiesta della Congregazione dell‟Indice e un altro compilato nel 1884 in concomitanza con l'incameramento dei volumi claustrali. Nell'impossibilità di fare qui anche solo cenno a tutti i saggi raccolti, si segnala il caso interessante esposto da Rosa Marisa Borraccini (pp. 155-178). Riguarda i volumi un tempo appartenuti agli agostiniani di S. Lucia di Cingoli nelle Marche di cui il Consiglio Comunale nel 1869 chiese la devoluzione per destinarli alla Accademia degli Incolti per poi trasferirli, dopo il rifiuto dell'Accademia, presso la Biblioteca Comunale di Macerata, dove è possibile individuare pochi e occasionali frammenti «del mosaico librario frantumato dei conventi cingolani». Esulano dai casi librari concreti, e ne costituiscono per certi versi una premessa, il contributo che apre la raccolta di Roberto Rusconi dedicato alla presenza di manoscritti nelle biblioteche religiose coinvolte nella Inchiesta della Congregazione (pp. 1-26) e il successivo di Margherita Breccia Fratadocchi (pp. 27-59) che illustra il fondo Antichi Cataloghi della Biblioteca Nazionale Centrale di Roma formato da 57 manoscritti, in gran parte cataloghi di antiche biblioteche conventuali. Sarebbe importante che tutte le biblioteche italiane si movessero in questa direzione, facendo luce sulla presenza fra i loro fondi di cataloghi e inventari di biblioteche private o conventuali, spesso redatti in concomitanza con l‟ingresso dei volumi dopo le soppressioni postunitarie (segnalo qui ad esempio il caso di tre cataloghi inventariali di tre conventi bresciani redatti in occasione del trasferimento del materiale presso la Biblioteca Civica oggi conservati nell'Archivio Storico della Biblioteca Queriniana di Brescia).

 
"Nuovi Annali della Scuola Speciale per Archivisti e Bibliotecari"
Eum Redazione

Segnaliamo che è stata pubblicata una recensione di Paolo Tinti, in "Nuovi Annali della Scuola Speciale per Archivisti e Bibliotecari" della Sapienza Università di Roma, XXV (2011), pp. 233-238.

 
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