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Annibal Caro a cinquecento anni dalla nascita

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  • Autore Bianchi Angela, Melosi Laura, Poli Diego (a cura di)
  • Codice ISBN (print) 978-88-6056-144-2
  • Numero pagine 549
  • Formato 14x21
  • Anno 2009
  • Editore © 2009 eum edizioni università di Macerata
Estudis Romànics [Institut d’Estudis Catalans]
Eum Redazione

di Elisa Fratianni, Estudis Romànics [Institut d’Estudis Catalans], Vol. 34, 2012, pp. 491-492

Il convegno svoltosi a Macerata nelle giornate del 16 e del 17 giugno 2007 è stato organizzato dal Dipartimento di Ricerca linguistica, letteraria e filologica (DIPRI) dell’Università degli Studi di Macerata e dal Comitato di Civitanova costituitosi per L’iniziativa. Gli Atti sono ricchi di interventi che toccano gli aspetti più importanti della figura di Annibal Caro, dalla tradizione testuale alla lingua della commedia e si aprono con una prefazione di Diego Poli il quale, descrivendo lo scopo e le peculiarità del convegno, ci conduce alla riscoperta di questo Autore marchigiano.
Si intendono qui analizzare gli interventi di ognuna delle due giornate di lavori suddivise in quattro sezioni ognuna delle quali presenta un argomento. La prima sezione si intitola Annibal Caro e le lettere a corte: qui troviamo i contributi di Piero Floriani, Andrea Gareffi, Antonio Sorella, Alessandro Aiardi, Paola Cosentino, Maria Cristina Figorilli, Laura Melosi i quali, con argomentazioni e approfondimenti differenti, trattano la figura del Caro e la vita di corte nei suoi vari aspetti. Qui di particolare rilievo sono le lettere che vengono analizzate nelle loro varie implicazioni: si parte da quelle riguardanti il mestiere della corte per giungere a quelle descriventi la classicità dell’Autore, ma anche i temi della letteratura burlesca e dell’impegno intellettuale, del linguaggio poetico con virtuosismi di rilievo oltre che dell’influenza di Francesco Doni sul Caro stesso.
La seconda parte, intitolata Annibal Caro: interpretando converto, comprende gli interventi di Carlo Santini, Sergio Sconocchia, Diego Poli e Manuela Martellini. In questa sezione emergono le qualità traduttive dell’Autore e ci si sofferma soprattutto sull’Eneide e sull’approccio del Caro che parte da una analisi metrico-stilistica sull’esametro virgiliano per giungere prima alla «traslazione inventiva» e, successivamente, alla «creative understanding», processi che contraddistinguono il Caro in questo passaggio. Oltre a ciò viene messa in risalto l’influenza che l’Autore ha avuto sulla traduzione del secondo libro dell’Eneide di Leopardi. Segue l’intervento di Diego Poli, il quale non solo dà una descrizione approfondita del plurilinguismo del Cinquecento ma analizza quelli che sono i problemi della traduzione, l’uso della lingua in rapporto alla politica e le peculiarità linguistiche del Caro portandondoci attraverso le liriche alla Commedia fino alla nota e imponente traduzione dell’Eneide in cui l’Autore «apre la letteratura al confronto e fa emergere la problematicità sottesa, perché la traduzione è un esercizio di retorica attraverso cui si sviluppano le tecniche letterarie» (1). In La rinnovata memoria. Annibal Caro traduttore di Teocrito, Manuela Martellini porta alla luce nuovamente il talento traduttivo e interpretativo di questo Autore sottolineandone l’iter evolutivo che va «dall’adozione di un compromesso tra la fedeltà e la rielaborazione alla soluzione di un libero rifacimento [...]» (2).
La terza parte degli Atti si intitola Annibal Caro: fonti e riuso e comincia con l’intervento di Ermanno Carini che con l’analisi de Gli Straccioni fa riemergere il legame tra le Operette morali di Leopardi e l’opera del Caro. Maria Fernanda Ferrini ripropone l’influsso della cultura classica, e in particolare del romanzo greco, all’interno dell’opera dell’Autore marchigiano mentre Giulia Corsalini si sofferma nuovamente sulla traduzione e sul rapporto del Leopardi con l’opera del nostro Autore e non a caso il suo intervento si intitola La traduzione del secondo libro dell’Eneide: Caro e Leopardi. Gli ultimi due interventi di questa terza sezione appartengono a Costanza Geddes da Filicaia e a Monica Tramannoni le quali si soffermano rispettivamente e nuovamente sulla commedia de Gli straccioni e sull’idea di teatro che il Caro elabora nonché sulla ricezione degli scritti di quest’ultimo in Leopardi.
La quarta ed ultima sezione intitolata Annibal Caro e l’impasto della lingua porta alla luce con Enrico Gravelli l’analisi di un sonetto scritto dal Caro per difendere Benedetto Varchi (scrittore e storico italiano) dall’accusa di violenza carnale nei confronti di una giovane donna. Francesca Chiusaroli analizza l’operetta polemica di autodifesa l’Apologia degli Accademici di Banchi di Roma contra Messer Lodovico Castelvetro del Caro «scritta per ribattere alla stroncatura, da parte del letterato Castelvetro, della canzone d’occasione composta nel 1533 in onore della casata francese dei Valois» (3). L’intervento di Angela Bianchi con La lingua di Annibal Caro fra tradizione e innovazione nell’interpretazione di Leopardi porta alla luce i diversi aspetti linguistici dell’opera del Caro sviluppando un parallelismo con Leopardi e i problemi linguistici affrontati dal Recanatese. La sezione prosegue con l’apporto di Carlo de Felice che in L’Apologia di Annibal Caro:strategie di redazione e promozione editoriale descrive la vicenda editoriale di questa importante opera e dell’‘autopromozione’ effettuata per sé stesso dall’Autore.
In chiusura la postfazione di Paolo Cherchi dà una descrizione del libro sottolineando come il Caro abbia influenzato molti autori in modo particolare sul versante dell’uso della lingua.

(1) D. Poli, Annibal Caro e la ricerca dell’epica perduta, p. 258.

(2) M. Martellini, La rinnovata memoria, Annibal Caro traduttore di Teocrito, p. 289.

(3) F. Chiusaroli, Considerazioni sulla lingua nell’Apologia degli accademici dei banchi di Roma, p. 455.

 
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