Di Silvia Rodeschini, Biblioteca, Ricerche di storia politica, 1/2022, pp. 108-109
Il lavoro di Eleonora Cappuccilli su Mary Astell è una ricerca densa e accurata su una pensatrice che è oggetto di interesse già dagli anni Settanta ma risulta, per molti aspetti, ancora da scoprire. Ne è testimonianza il ritrovamento – di cui ha dato annuncio, nella primavera del 2021, la Biblioteca del Magdalene College di Oxford – di 47 tra libri e pamphlet che sono stati di proprietà dell’autrice. I testi sarebbero stati donati alla biblioteca alla sua morte e, da allora, sarebbero rimasti custoditi senza che nessuno si avvedesse del loro significato per la ricerca. La critica imprevista non può certo dare conto di questa scoperta, avvenuta un anno dopo che il saggio è stato licenziato, ma certamente contribuisce a costruire intorno al ritrovamento della sua biblioteca l’apparato concettuale necessario a comprenderne l’importanza, grazie alla chiarezza degli intenti intorno ai quali è articolato.
Innanzitutto, la ricerca è mossa dall’obiettivo di indagare l’emergere dell’aspetto sessuato della diade uguaglianza/diseguaglianza in un laboratorio del pensiero politico moderno come l’Inghilterra seicentesca, e di farlo mostrando che si tratta di un elemento centrale, costitutivo, con un carattere del tutto peculiare che non è riconducibile ad altre forme di diseguaglianza. Il levarsi della voce delle donne nei dibattiti pubblici degli anni centrali del XVII secolo (capitolo cap. 1), le modifiche del loro status nella equity law (cap. 2) e dispute teologico-politiche nelle quali Astell è impegnata (cap. 3) interrogano la matrice dell’autorità, la esplicitano e chiedono conto dei suoi tratti maschili e paterni: in questa chiave Cappuccilli ritiene che questo periodo della storia inglese conosca una rivoluzione triplice: «quella politica (con i due picchi del 1649 e del 1689), quella della sfera pubblica e quella donne» (p. 20), tra loro intrecciate...
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