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Italiani da fare

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  • Codice ISBN (print) 978-88-6056-633-1
  • Codice ISBN (PDF) 978-88-6056-697-3
  • Numero pagine 332
  • Formato 17x24
  • Anno 2019
  • Editore © 2019 eum edizioni università di macerata
  • The Journal web site: https://proposteericerche.univpm.it
Scaffale
Eum Redazione

Per la rubrica "Scaffale" in onda all’interno di "Buongiorno Regione" il 31 marzo 2021 Maria Francesca Alfonsi segnala il volume “Italiani da fare. Giustizia e società nelle Marche, 1861-1873” di Ercole Sori

Guarda la puntata (min. 17.17 ca)
https://bit.ly/3czaL8Z

 
Orizzonti della Marca
Eum Redazione

Giustizia nelle Marche nei primi anni del Regno d’Italia

di Alessandro Feliziani, Orizzonti con libri, Orizzonti della Marca, p. 3

Femminicidi e altre violenze commesse nei confronti della donna, spesso all’interno della coppia o comunque nell’ambito della famiglia, non sono delitti solo del nostro tempo, come le cronache porterebbero a far credere. Anzi, nel solo distretto giudiziario di Ancona, nei primi tredici anni successivi all’Unità d’Italia furono giudicati ben 33 casi di stupro e ben 89 delitti commessi all’interno dei legami di sangue o di convivenza, tra cui 29 omicidi. Molti di questi casi giudiziari sono riportati in un volume di Ercole Sori, professore ordinario di storia economica, uscito lo scorso mese di dicembre per i tipi della casa editrice Eum di Macerata, quale quaderno monografico della rivista di studi storici “Proposte e ricerche”.
Attraverso gli atti giudiziari l’autore ha cercato di accendere una luce su chi fossero gli italiani “da fare” dopo che era stata fatta l’Italia. I delitti sono esaminati come segni distintivi “per mostrare da quale sostrato e in quali direzioni muove il mutamento sociale”. Rispolverando gli atti di tre istanze di giudizio (pretore, tribunale e corte d’assise) sono stati censiti 6.219 imputati, complessivamente giudicati dalla magistratura dorica in quei due lustri e mezzo. Ben 156 le figure di reato. Largamente in testa, per quanto riguarda il tribunale, la renitenza alla leva (683), seguita dal ferimento volontario (481) e dal furto qualificato (404). Davanti alla corte d’assise si registrano in quegli anni 282 casi di omicidio volontario, 95 di omicidio mancato, 71 di ferimento volontario e 70 di “grassazione a mano armata” (rapina). Nei primi anni del Regno d’Italia non mancano casi di corruzione, peculato, malversazione. I reati contro le persone sono comunque più numerosi di quelli contro il patrimonio e – scrive l’autore – “colpisce la frequenza degli stupri violenti”. Un capitolo del libro è riservato a faide familiari, liti tra vicini e alle “conseguenze dell’amore”.
Sono state prese in esame anche le figure professionali degli imputati. In media, ogni quattro, uno è contadino. Seguono: calzolai, muratori, braccianti, facchini, carrettieri, falegnami, osti e marinai. Non esiste negli atti giudiziari la qualifica di “disoccupato” e i pochi imputati ai margini del mondo del lavoro sono definiti “oziosi” o “vagabondi”. Emerge in quegli anni anche una “gioventù inquieta”, poiché il picco più alto degli imputati davanti alla corte d’assise (quindi esclusi i renitenti alla leva, giudicati esclusivamente dal tribunale) si colloca intorno ai 25 anni di età.

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E. Sori, Italiani da fare. Giustizia e società nelle Marche, 1861-1873, Eum, Macerata 2019, pp. 332, € 20,00. Giustizia nelle Marche nei primi anni del Regno d’Italia

 
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