“Scrivere il dialetto”, una pubblicazione di Agostino Regnicoli che ha guadagnato un posto sul podio per il Premio Nazionale “Salva la tua lingua locale 2021”, Sezione “Tullio De Mauro”, è un agile volume che rende giustizia all’annosa questione linguistica che grava intorno alle convenzioni ortografiche che sembrano assenti nei dialetti. Lo studio di Regnicoli, tecnico-amministrativo presso il Dipartimento di Studi Umanistici dell'Università di Macerata, presenta la lodevole qualità di essere fruibile tanto agli specialisti della materia, come testimoniano le positive presentazioni di altri linguisti, quanto dai profani della disciplina, agevolati dalle utili rappresentazioni grafiche che indicano i luoghi di articolazione dei fonemi, unite a un capitolo che fornisce i cenni di fonetica articolatoria necessari a comprendere il testo.
L’autore, già collaboratore del Laboratorio di Fonetica e Scrittura dell’Università di Macerata, affronta una serie di nuclei tematici argomentati in nove capitoli. Il libro, dedicato al professor Diego Poli in qualità di maestro di fonetica e di linguistica, si apre dichiarando in una premessa che per poter leggere un testo è necessario che sussista una convenzione più o meno esplicita sul valore che assumono i segni utilizzati e, altresì, che lo scopo del libro è proprio quello di fornire gli strumenti per rappresentare correttamente i suoni del dialetto. Si prosegue, nel primo capitolo, delimitando e definendo il dialetto, ritagliando una zona di ricerca, come anticipa il sottotitolo, nelle aree geolinguistiche maceratese-camerte e fermana, e sul perché queste parlate meritano di essere tramandate tramite supporti scrittori, o, comunque, supporti più stabili della trasmissione orale. Qui si rintracciano delle caratteristiche che giustificano il citato raggruppamento dei dialetti, rendendo, però, conto dell'individualità delle singole parlate. Il capitolo è corredato da una variegata serie di esempi di resa grafica del dialetto nella vita quotidiana, provenienti da diverse fonti: quotidiani, campagne pubblicitarie, decorazioni su vari oggetti, frasi pubblicate su piattaforme sociali online e così via di seguito. Avendo dimostrato, anche con l’ausilio di una citazione che esplica come non si presentino differenze sostanziali tra una lingua e un dialetto, che quest’ultimo ha un suo peculiare valore, non solo letterario, ma anche “museale”, come lo definisce l’autore, poiché è in grado di trasmettere un patrimonio culturale in via di estinzione, è logica conseguenza che la sua conservazione ha meriti storico-culturali. Il testo segue dunque a organizzare un sistema coerente che sopperisca alla mancanza di un codice di norme comune, fatto che rende il dialetto carente di un’ortografia prescritta, già stabilita, alla quale lettori e autori possano far riferimento contemporaneamente per non inficiare la corretta comunicazione. Si indicano quindi alcuni accorgimenti che possono giovare alla lettura di un’opera dialettale, come un capitolo di avvertenza sulle norme ortografiche adoperate dall’autore e, inoltre, si specifica con convincenti argomentazioni come chi si rivolga al complesso di regole di resa grafica dell’italiano non possiede i mezzi sufficienti per rappresentare tutti i fenomeni linguistici che si presentano nel dialetto, come si evince dal fatto che i fonemi presenti in un dialetto non sono necessariamente presenti in italiano. Proseguendo nel volume, si trova un’interessante disamina della fonetica dei dialetti, accompagnata da tabelle contenenti i rispettivi simboli dell’alfabeto fonetico internazionale. Qui, dopo aver passato in rassegna il repertorio dei suoni vocali e dei suoni consonantici, si analizzano gli aspetti più tecnici, come assimilazioni, coarticolazioni, cogeminazione e autogeminazione insieme ad altre considerazioni su fenomeni tipici delle aree in esame, come la lenizione. Non vengono neppure trascurate le controversie che si riscontrano nelle scelte ortografiche più comuni del dialetto, come l’uso dell’apostrofo, dell’accento e la divisione delle parole. I tratti salienti sono infine schematizzati in una tabella, che contiene la maggior parte delle informazioni qui prese in esame, con un rimando alle pagine precedenti per gli aspetti di notevole importanza che non si prestano a essere incasellati, come per esempio l’uso di avè come ausiliare nel maceratese.
Il libro tuttavia non si esaurisce nella teoria, in quanto offre una scelta di brani letterari in dialetti delle zone su specificate, fra i quali si annoverano classici come le favole di Esopo, in particolare Il vento di tramontana e il sole, reso nei dialetti di Servigliano (FM) e di Macerata, ma anche inediti come la traduzione del primo capitolo del racconto Le petit prince di Antoine de Saint-Exupéry realizzata dall’autore appositamente per questo volume, successivamente tradotto per intero come Lu pringipittu, Montecassiano (MC), Vydia, 2022. Passando per questi, si incontreranno tanto pagine di prosa, come un estratto nel dialetto di San Severino Marche (MC) da Strada facenno ò ngondratu Sgesù, e uno nel dialetto di Urbisaglia (MC) da Per quanti fjuri caccia ‘m prate!, quanto pagine di poesia, come La nebbia di Ennio Donati, nel dialetto di Matelica (MC), e pure un estratto di una commedia nel dialetto di Treia (MC). Tutti con le relative traduzioni in italiano per il lettore che non fosse avvezzo a questi dialetti e corredati da note che evidenziano le divergenze ortografiche, qualora i testi presentassero una grafia differente da quella formulata nel volume. Il libro, che è stato definito un “eccellente saggio di ortografia fonetica marchigiana, confezionato da uno specialista con scopi dichiaratamente divulgativi, molto ben raggiunti”, nelle conclusioni, si mostra fedele all’oralità, che non è percepita come subalterna alla scrittura, ma come bisognosa di un sistema di trascrizione ortografica coerente che renda possibile la lettura potenzialmente a chiunque, collegando senza ambiguità l’autore al lettore. In virtù di ciò, Agostino Regnicoli conferma che è “auspicabile” la fissazione del maceratese in uno statuto di norme condivise, ricordando però che “nella lingua è l’uso che fa la regola, nel parlato come nello scritto”.
Salvador Spadaro