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Tra disciplinamento sociale ed educazione alla cittadinanza View full size

 
 

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Tra disciplinamento sociale ed educazione alla cittadinanza

L’insegnamento dei Diritti e Doveri nelle scuole dell’Italia unita (1861-1900)

Biblioteca di HECL

Availability: disponibile

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20,00 €

Note sul testo

Attraverso l’utilizzo di una molteplicità di fonti documentarie, il presente volume approfondisce per la prima volta le caratteristiche (programmi, contenuti, orari ecc.) e, soprattutto, le finalità rivestite, all’indomani dell’unificazione nazionale (1861), dall’insegnamento scolastico dei Diritti e doveri del cittadino, la disciplina introdotta nelle scuole di diverso ordine e grado della penisola con l’obiettivo di promuovere nelle nuove generazioni i valori della cittadinanza e il sentimento di appartenenza al nuovo Stato unitario. In realtà, come gli autori dimostrano al termine della loro articolata ed originale ricostruzione, esposto inevitabilmente ai condizionamenti ideologici e politici connessi con la struttura oligarchica del nuovo Stato, l’insegnamento dei Diritti e doveri del cittadino offerto nelle scuole italiane nel corso del primo quarantennio postunitario (1861-1900) era destinato a riproporre il profondo scarto tra la cittadinanza ideale, ossia quella delineata sulla base del riferimento ai 'diritti' e ai 'doveri' riconosciuti in astratto negli artt. 24-32 dello Statuto Albertino, e la cittadinanza reale, espressione della più complessiva idea di società – e di Stato – che le classi dominanti intendevano realizzare, caratterizzandosi, in sostanza, più che come uno strumento per la formazione di cittadini consapevoli dei loro diritti e doveri e in grado di farsi carico delle proprie responsabilità civili, come un insegnamento volto a far acquisire un sistema di regole e a legittimare, sotto il profilo etico e giuridico, l’ordinamento rigidamente classista della società e il sistema di valori propugnato dalle élites borghesi.

Note sull'autore
Anna Ascenzi (Macerata 1964) è professore ordinario di Teoria e storia della letteratura per l’infanzia presso il Dipartimento di Scienze della formazione, dei beni culturali e del turismo dell’Università degli Studi di Macerata, dove dirige il Centro di documentazione e ricerca sulla storia del libro scolastico e della letteratura per l’infanzia e il Museo della Scuola «Paolo e Ornella Ricca». Ha pubblicato diversi volumi e numerosi contributi sulla storia della didattica disciplinare e dei libri di testo, sui processi di costruzione dell’identità nazionale e della cittadinanza tra Otto e Novecento e sulla letteratura giovanile nell’Italia unita.

Roberto Sani (Roma 1958) è professore ordinario di Storia dell’educazione presso il Dipartimento di Scienze della formazione, dei beni culturali e del turismo dell’Università degli Studi di Macerata, dove dirige il Centro di studi e documentazione sulla storia dell’Università. Ha fondato e dirige la rivista scientifica internazionale «History of Education & Children’s Literature» (HECL). È autore di diversi volumi e di numerosi saggi e articoli sulla storia dell’educazione e delle istituzioni scolastiche in epoca moderna e contemporanea e sulla politica scolastica italiana tra Otto e Novecento.

Indice
Introduzione

Capitolo primo. Tra pedagogia e politica: i «Diritti e doveri del cittadino» nell’ordinamento scolastico casatiano

Capitolo secondo. Formare il «galantuomo operoso»: l’insegnamento dei «Diritti e doveri del cittadino» nelle scuole elementari

Capitolo terzo. Per preparare al loro «alto ufficio» i «generosi educatori de’ figlioli del popolo»: l’insegnamento dei «Diritti e doveri del cittadino» nelle scuole normali e magistrali

Capitolo quarto. Per fornire «una necessaria e compiuta istruzione civile e politica» alla piccola borghesia urbana e ai nuovi ceti produttivi: l’insegnamento dei «Diritti e doveri del cittadino» nelle scuole tecniche

Capitolo quinto. Retoriche della cittadinanza e struttura classista dell’Italia liberale dell’Ottocento. Lo scarto tra riconoscimento formale dei diritti e condizioni reali per il loro effettivo esercizio

Appendice n. 1. I programmi didattici dei Diritti e doveri del cittadino per le scuole elementari (1860-1894)

Appendice n. 2. I programmi didattici dei Diritti e doveri del cittadino per le scuole tecniche e normali (1860-1895)

Appendice n. 3. Repertorio dei manuali di Diritti e doveri del cittadino per le scuole elementari, tecniche e normali dell’Italia unita (1861-1900)

Indice dei nomi

Note
Biblioteca di «History of Education & Children’s Literature» 15
Collana diretta da Roberto Sani e Anna Ascenzi

In copertina: Jean Geoffrey, L’Écolier embarassé (1908), Musée National de l’Éducation (INRP), Rouen (France)

torrossastore Casalini site for e-commerce: http://digital.casalini.it/9788860564511

  • Autore/i Anna Ascenzi, Roberto Sani
  • Codice ISBN (print) 978-88-6056-451-1
  • Numero pagine 171
  • Formato 14x21
  • Anno 2016
  • Editore © 2016 eum edizioni università di macerata
História da Educação / History Education Journal
Eum Redazione

Maria Helena Camara Bastos, "Construção de identidades: discente e docentes - Identities of construction: students and teachers", História da Educação / History Education Journal, v. 20, n. 49, maio/ago., 2016, http://seer.ufrgs.br/index.php/asphe/article/view/63902

 
Histoire de l'education
Eum Redazione

Mariella Colin, « ASCENZI (Anna), Roberto SANI (Roberto), Tra disciplinamento sociale ed educazione alla cittadinanza. L’insegnamento dei Diritti e Doveri nelle scuola dell’Italia unita (1861-1900) », Histoire de l’éducation [En ligne], 144 | 2015, mis en ligne le 31 décembre 2015, consulté le 18 janvier 2018. URL : http://journals.openedition.org/histoire-education/3093

 
History of Education & Children’s Literature (HECL) XII/1 2017
Eum Redazione

Fabio Targhetta recensisce il volume sulle pagine di «History of Education & Children’s Literature» (HECL), XII/1 2017, pp. 742-744.

La recensione è disponibile nella sezione Download.

 
Civitas educationis
Eum Redazione

di Marcello Ostinelli, Civitas educationis. Education, politics and culture, anno VI, numero I, giugno 2017, pp. 171-173

Fu nel corso dell'Ottocento che nei programmi scolastici di molti Stati europei venne introdotto un insegnamento civico. Alla scuola pubblica, istituita e diretta dallo Stato, fu così affidato nel modo più manifesto il compito di formare il futuro cittadino. L'attribuzione di questo ruolo alla scuola fu però combattuta da altre istituzioni che pure svolgevano un compito educativo nella società. A opporsi fu in particolare la Chiesa cattolica. Lo studio dell'introduzione dell'insegnamento civico nei programmi scolastici è pertanto un'occasione particolarmente conveniente per comprendere il processo di piena legittimazione del compito educativo della scuola pubblica.
L'attuazione del progetto richiese la stesura di programmi d'insegnamento; l'assegnazione di una dotazione oraria congrua; la scelta di un metodo didattico confacente. Furono però soprattutto i libri di testo, più delle leggi, dei decreti e dei regolamenti e perfino più dei programmi d'insegnamento a determinare il sapere effettivamente trasmesso a scuola. Di quei manuali conta esplorare minuziosamente il testo e il paratesto; conta però parimenti conoscerne gli autori e gli editori; stabilire chi avesse il potere di prescriverli, raccomandarli, commissionarli e eventualmente vietarli; accertare se quelli raccomandati dall'autorità scolastica fossero poi effettivamente utilizzati in classe dagli insegnanti e non lo fossero invece quelli non approvati o addirittura vietati. Ciò vale a maggior ragione per l'insegnamento civico, la cui introduzione nei programmi scolastici fu a lungo contrastata e ripetutamente oggetto di controversie politiche e pedagogiche. Come scrisse Dina Bertoni Jovine esso ebbe 'valore sintomatico' per comprendere il progetto educativo della scuola pubblica; un significato che esso verosimilmente mantiene tuttora.
Un contributo importante alla conoscenza della storia dell'insegnamento civico nella scuola italiana dall'Unità alla fine dell'Ottocento è dato da questo saggio di Anna Ascenzi e Roberto Sani. Nella breve introduzione all'opera essi evidenziano che la storia dell'insegnamento dei "Diritti e doveri del cittadino" (come inizialmente fu denominato) richiede la considerazione di tre diversi "livelli di analisi": il primo riguarda l'insegnamento "considerato alla stregua delle altre discipline", con i suoi obiettivi, contenuti, metodi, libri di testo, ore dedicate; il secondo si riferisce alle caratteristiche peculiari dell'insegnamento, esposto più di altri a "condizionamenti ideologici e politici"; il terzo infine tocca la verifica del divario "tra ciò che è prescritto nei programmi didattici e ciò che è realmente insegnato nelle aule scolastiche" come pure di quello esistente "tra il riconoscimento formale dei diritti e le condizioni sostanziali per il loro effettivo esercizio" (p. 11). Un resoconto esauriente della storia dell'insegnamento civico dovrebbe pertanto considerare i tre diversi livelli di analisi, mostrando ciò che lo accomuna ad altre materie scolastiche e ciò che invece da esse lo distingue.
L'insegnamento civico divenne obbligatorio nella scuola elementare italiana nel 1860. I programmi pubblicati quell'anno prescrivevano la trattazione dei doveri dell'uomo "verso la famiglia e la società", dopo aver esaminato quelli verso Dio. L'occasione per svolgere il tema era data "sovratutto dall'istruzione religiosa", ma anche "da quei capitoli dei libri di lettura che si riferiscono a soggetti morali"; si raccomandava inoltre al maestro di "tenere sempre ben presenti l'età e le capacità dei suoi alunni, evitando accuratamente spiegazioni e discorsi troppo artificiosi e complessi". L'inchiesta predisposta da Carlo Matteucci sulle condizioni dell'istruzione pubblica svolta presso gli ispettori provinciali nel 1864 e pubblicata l'anno successivo attesterà tuttavia che l'insegnamento civico era "tralasciato" o "sfiorato assai superficialmente". Non sorprende pertanto che dieci anni dopo la sua introduzione nei programmi scolastici Aristide Gabelli potesse scrivere che "[p]rima che le scuole elementari costituiscano lo strumento di una vera educazione nazionale pel nostro popolo (...) passeranno ancora lunghi anni". Anche dopo l'avvento al potere della Sinistra storica di Agostino Depretis l'insegnamento civico rimase circoscritto alle "prime nozioni dei doveri dell'uomo e del cittadino". Dei diritti non si faceva menzione. Quanto ai doveri di uomo e di cittadino più che la conoscenza premeva l'abitudine a adempierli, al cui scopo " la disciplina scolastica è lo strumento più poderoso che stia in mano al maestro". L'inchiesta compiuta da Francesco Torraca nell'anno scolastico 1895-96 mostrerà però che poco era cambiato nelle aule scolastiche. La materia era ancora studiata "a memoria" e l'insegnamento era impartito "male quasi dappertutto", nonostante che per renderlo più efficace l'anno precedente fosse staro integrato all'insegnamento della storia d'Italia e della geografia.
Verosimilmente questa immagine che presenta uno "sbilanciamento" (p. 81) del rapporto tra diritti e doveri risulterebbe suffragata da un esame minuzioso dei libri di testo utilizzati nelle scuole italiane dell'Ottocento. Il volume non fornisce questo resoconto; in compenso però pubblica in appendice (pp. 133-163) un ricco repertorio dei manuali per l'insegnamento civico tra il 1861 e il 1900.
Ulteriori informazioni sui contenuti effettivamente trasmessi agli allievi delle scuole elementari si ricavano, indirettamente, dai programmi di studio adottati nelle scuole normali. Al tema è dedicato il terzo capitolo del libro.
Nella formazione magistrale l'insegnamento godette fortune alterne. Nel 1861 Francesco De Sanctis lo assorbì in un corso denominato 'Religione e Morale'; riapparve come insegnamento autonomo nel 1867, ma fu nuovamente integrato nel corso di 'Pedagogia e Morale' nel 1892 e nel 1895 in quello di 'Morale'. I programmi disponevano che nel primo anno di formazione del maestro l'insegnamento civico "resterà puramente occasionale e sarà limitato alle nozioni che hanno relazione con quello di pedagogia". Invece l'insegnamento aveva un'ora dedicata sia nella seconda che nella terza classe, con la trattazione dei diritti e dei doveri "in relazione alla vita domestica e civile in generale e alla parti principali dello Statuto [Albertino]". L'intenzione palese dei programmi del 1895 era di incardinare l'insegnamento civico nella formazione morale del futuro insegnante, conferendogli "una più accentuata curvatura teorica" (p. 56). Malgrado gli sforzi compiuti per migliorare la formazione dei futuri insegnanti i risultati però stentavano a vedersi. Il contesto politico e sociale non era certamente molto favorevole. Un 'regnicolo' più che un cittadino era il suddito di un re. Lo "scarto" tra il modello di cittadinanza sancito dagli articoli dello Statuto Albertino e la sua pratica effettiva fu inoltre una costante di quel periodo (p. 90).
L'idea di cittadinanza attiva cominciò tuttavia a diffondersi nella cultura pubblica dell'Italia unita grazie anche all’introduzione dell’insegnamento dei 'Diritti e doveri del cittadino' nei programmi scolastici, nonostante i suoi evidenti limiti. Furono soprattutto i pedagogisti positivisti a rivendicare la piena legittimità del compito educativo della scuola pubblica e ad attribuire all'insegnamento civico un ruolo fondamentale. Questo fu l'auspicio espresso per esempio da Saverio F. De Dominicis in un fortunato manuale per l'insegnamento dei diritti e dei doveri nelle scuole tecniche (1898, 1899) secondo cui "gli insegnamenti morali e civili dovrebbero costituire il midollo di tutti gli insegnamenti in tutte le scuole".

https://universitypress.unisob.na.it/ojs/index.php/civitaseducationis/index

 
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