Leggere i trovatori, il volume curato da Massimo Bonafin, già docente dell’Università di Macerata e ora professore ordinario di Filologia romanza all’Università di Genova, è l’introduzione di un progetto originariamente più ampio, la voluminosa antologia in tre tomi intitolata Los trovadores, celebre pubblicazione divenuta un classico degli studi trobadorici scritta dall’illustre filologo spagnolo Martín de Riquer.
La premessa del curatore, dopo una sintetica biografia dell’autore che include gli episodi essenziali per comprenderne il profilo accademico, passa in rassegna le caratteristiche salienti dell’opera, quali la grande sistematicità e la chiarezza espositiva. Questi, insieme agli altri aspetti fondamentali dell’originale, informano l’impianto metodologico che ha guidato la stesura dell’edizione italiana nel rispetto delle intenzioni dell’autore, come testimonia l’attenzione alle parole di quest’ultimo in un’intervista a lui rivolta dalla traduttrice Katia Boccanera. Il presente volume ha dovuto, tuttavia, inserire delle parentesi per integrare o rettificare quanto presentato nel testo, dati i progressi che la ricerca ha compiuto negli oltre trent’anni che separano l’edizione spagnola da quella italiana. Sempre su questa direttrice si collocano infatti le revisioni all’elenco dei canzonieri e gli importanti aggiornamenti bibliografici, presenti tanto in nota, ove necessario, quanto in bibliografia insieme ai testi citati dall’autore. Ulteriori informazioni utili sia a studiosi che a lettori della poesia occitanica sono gli indirizzi elettronici che collegano a siti con un aggiornato elenco di testi provenzali, e una ricca discografia di esecuzioni sia vocali che strumentali dell’opera trobadorica.
Il testo, come afferma l’autore nella propria premessa, ha l’obiettivo fondamentale di fornire un profilo sintetico della disciplina a chi desiderasse approcciarla e ciò, in relazione alla pluridecennale esperienza di insegnamento universitario, motiva la natura scolastica dell’opera. La struttura, che divide la materia in undici capitoli, è quindi a sua volta suddivisa in varie sezioni numerate progressivamente, in modo da articolare in maniera ordinata la serie di unità concettuali che compone ogni capitolo.
Si inizia, dunque, con la definizione della lirica trobadorica, nei suoi limiti linguistici, cronologici e geografici, con l’agevolazione di una cartina apposita. Si prosegue con la trattazione dei manoscritti mediante i quali la citata lirica ci è giunta, con minuziose descrizioni riguardanti la qualità della fattura, talvolta di materiali pregiati e recanti sontuose miniature ornamentali e l’ordine dei componimenti in essi presentati con i relativi metodi di classificazione. Si continua col presentare l’immagine del trovatore come compositore di parole e di musica, per delinearne un profilo storico sempre più preciso mediante l’identificazione del ceto di appartenenza, le più comuni zone di provenienza e le informazioni biografiche pervenuteci. Segue poi una ricca disamina della trattatistica medievale di poetica, dai primi testi, di natura prescrittiva e linguistica ai successivi, più inclini alla versificazione e alla stilistica, tema centrale che informerà le sezioni successive; infatti, sempre di versificazione si occupa il capitolo attiguo, elemento fondamentale per interpretare la raffinata lirica di questi poeti, mettendone in luce gli aspetti programmatici e le ragioni estetica e mnemotecnica, insieme ai modi, simili o dissimili, in cui se ne servono i vari autori. Si legge nei due capitoli a seguire, invece, di quali siano i vari generi che strutturano la poesia trobadorica, prediligendo la suddivisione in generi che sono soliti accorparsi per la forma, dunque i generi condizionati ancora dalla versificazione e, poi, i generi che si raggruppano per il proprio campo semantico, ossia i generi condizionati dal contenuto. Vengono esposte, per quanto riguarda il primo, le nozioni che caratterizzano lo strofismo tipico di questo gruppo e le forme canoniche che ne derivano, i cui primi esempi sono la balada e la dansa. Diversamente, per il secondo si traccia la linea degli argomenti che occupano la lirica dei trovatori, dal tema amoroso a quello politico e si indica a quale tipo di componimento questi si ascrivono più di consueto, ed è il caso, rispettivamente, della canso e del sirventes. In seguito, ci si occupa delle peculiari relazioni strette fra i diversi trovatori, sottolineando come la conoscenza reciproca delle opere e la discussione di un medesimo tema permettesse un’influenza bidirezionale fra gli autori, oltre alla menzione di componimenti similari a dibattiti, come la tenso o il partimen, che si inseriscono nella lunga tradizione della poesia dialogata. Dopodiché, si provvede a fornire un quadro completo della formazione della cultura che doveva ricevere un trovatore, le conoscenze retoriche che doveva possedere e come queste stabiliscono un vincolo con la sua produzione poetica. Con un taglio di natura più storicistica, il penultimo capitolo affronta la complessa questione costituita dal rapporto che intercorre fra poesia trobadorica e feudalesimo, enumerando e indagando gli aspetti critici rappresentati dall’ampio spettro di condizioni sociali ed economiche; il nesso che unisce il poeta all’amata con la metafora del vassallo sottoposto al signore; l’elevato numero di espressioni tipicamente giuridiche per rappresentare l’aspetto amoroso, e così via di seguito. Infine, l’ultimo capitolo racchiude una serie di osservazioni che, per la loro natura non propensa alla categorizzazione, costituisce un’eterogenea conclusione che tratta tanto del versante religioso quanto di quello popolare e umoristico.
Leggere i trovatori si rivela così un testo pregiato nel panorama degli studi romanzi, ancor più quando arricchito dalle accurate revisioni proposte all’originale, che lo rendono conforme alle più attuali scoperte della romanistica. L’agilità di consultazione garantita dalla struttura, inoltre, rende scorrevole la scrittura anche nei passaggi più concettualmente ostici. Il presente volume risulta perciò un contributo di valore alla filologia provenzale così nella forma come nel contenuto, entrambi fortemente didattici nel modo di introdurre il lettore novizio alla materia senza per questo smettere di fornire un prezioso compendio allo studioso più avanzato.
Salvador Spadaro