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Cento anni di riso
Storia della risicoltura nel maceratese
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Storia della risicoltura nel maceratese
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La risicoltura poteva essere uno dei modi per sollevare le misere sorti dei coloni marchigiani di età moderna, strettamente ancorati alle dinamiche della mezzadria. Nel Nord-Italia la coltivazione del riso divenne uno strumento di sviluppo del mondo agricolo, il quale affrancò migliaia di persone fornendo una nuova modalità di lavoro: il salario. Masse di donne, per esempio, si spostarono da un luogo ad un altro delle regioni del Nord, lavorando per le aziende risicole e mettendo da parte dei risparmi da utilizzare in seguito per realizzare nuovi e piccoli progetti, o meglio, sogni. Al contrario i contadini del maceratese rimasero in condizioni di sottosviluppo fino al termine del secondo conflitto mondiale, quando la nascita dell’industria nazionale e dell’artigianato specialistico locale spinsero i contadini, non a riqualificare il proprio mestiere e la terra, ma ad abbandonarla, dando origine a un vero e proprio spaesamento del mondo agricolo. La storia della risicoltura nel maceratese ci insegna che, se sapessimo superare pregiudizi e interessi personali, il legame tra la terra e la creatività umana potrebbe ancora oggi essere un volano per nuovi mercati e per assaporare gusti mai passati.
Paolo Brasca è docente di Religione Cattolica nelle Scuole Superiori dello Stato. Laureato in Filosofia presso l’Università degli Studi di Macerata, ottenuto poi il Magistero in Scienze Religiose presso l’Istituto Superiore di Scienze Religiose marchigiano di Fermo, si occupa di ricerche in campo storico locale, di storia delle religioni e di comunicazione visiva.
Presentazione di Paolo Rovati
Introduzione
Capitolo primo. La Memoria del dottor Marini
Capitolo secondo. I primi anni della risicoltura nelle Marche
Capitolo terzo. L’anno caldo del 1863
Capitolo quarto. Gli anni del tramonto della risicoltura maceratese
Capitolo quinto. Un’occasione mancata
Bibliografia
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